Monbaldone

Comune di Mombaldone

Davide Gamba,  
2016-11-05 23:49:47

LA STORIA

L'abitato è costituito essenzialmente da due borghi. Il primo, di carattere medioevale, ancora ben conservato, risalente all'epoca romana, ma il cui primo nucleo abitativo si deve probabilmente ai Liguri Stazielli, è sorto a mezza costa sulle pendici del bric Arbarella (673 metri) in antico denominato Mons Baldus; a dominio della Via Aemilia, presso la quale sono stati rinvenuti alcuni anni fa resti di una lapide romana recante un'iscrizione incompleta riferita a un certo Petronio.

L'altro insediamento, di più recente sviluppo urbanistico, è sorto invece intorno alla stazione ferroviaria.

Le prime notizie ufficiali del villaggio risalgono all'anno 991, quando gli Aleramici beneficarono il monastero di San Quintino di Spigno con la donazione di alcune terre, fra cui gli otto mansi di Mombaldone. Nel 1209 il giorno lunedì 6 luglio, nel mercato del Duomo in Asti Ottone del Carretto fu investito del feudo di Mombaldone che restò possedimento dei marchesi Del Carretto di Savona per tutto il Medioevo. Fu poi ceduto al Comune di Asti come possedimento degli Asinari e quindi degli Scarampi. Nel XIV secolo il paese raggiunse il suo maggior sviluppo, allorché i possenti bastioni a sostegno del terrapieno su cui erano edificati il castello e il ricetto vennero fortificati da tre cinte di mura, ancora in buona parte visibili: essi furono riprodotti, nella loro antica estensione, sul Codex Astensis, al documento XLI de Montebaudono.

Una particolarità è data dalla presenza di gallerie, stanze e passaggi segreti - oggi in gran parte abbandonati - i cui tracciati si perdono nella leggenda, ma che all'inizio di questo secolo erano ancora percorribili; in particolare risalgono alla fine del Trecento i cunicoli che dal castello passavano sotto il vicino fiume Bormida in direzione dell'abitato di Spigno Monferrato e il passaggio scavato nel tufo che, partendo dalla Portiola (una delle porte che chiudevano il borgo) permetteva di far abbeverare i cavalli al torrente senza essere scorti da eventuali assedianti.

I marchesi Del Carretto di Savona, signori di Mombaldone, ottennero molti privilegi dall'imperatore Carlo V, tra cui il titolo di Vicari Imperiali del Sacro Romano Impero, la possibilità di conferire lauree in teologia, filosofia e medicina e di battere moneta. Tanta gloria non fu sufficiente a impedire la rovina del castello a seguito di un tentativo di occupazione spagnola avvenuto l'8 settembre 1637 e sventato dalle truppe di Vittorio Amedeo di Savoia, che affrontarono il nemico in prossimità di Bormida. Dopo un fiero combattimento "gli Spagnoli furono costretti a fare la ritirata, lasciando in potere delle truppe savoine il castello di questa terra, otto cannoni, carriaggi e munizioni" (G. Casalis). 

La situazione dopo l'assedio precipitò a causa di una serie di contese intestine, carestie e abusi ecclesiastici. Nel 1682 il vescovo Antonio Gozzano si doleva pubblicamente degli abusi favoriti dal reciproco sostegno fra parroci e feudatari locali e del fatto che i chierici portassero armi “e in particolare pistoletti”. Nel 1706 lo stesso Vescovo denunciava: “E’ difficile punire i chierici. La maggior pecora infetta è il parroco di Mombaldone Aleramo Carretto, sospeso e scomunicato, che continua a celebrare”. A risistemare le cose pensarono i Savoia, che acquisirono il feudo al termine della lunga guerra di successione del Monferrato, sedarono le liti e determinarono per Mombaldone l'inizio di un lungo periodo di tranquillità, interrotta solo dalla parentesi bellica dell'invasione napoleonica.

 

PRESENTAZIONE

Non è raro, quando si percorrono i tornanti tra Mombaldone e Roccaverano e poi si scende giù per San Gerolamo verso Monastero o si risale la Tatorba in direzione di San Giorgio, essere costretti a rallentare e a volte a fermarsi perché la strada è attraversata da un gregge di capre. Guidate al pascolo (a sco) da un cane e da un anziano contadino, si arrampicano sui calanchi più aridi o nelle forre più ripide e brucano arbusti, erbe e piante aromatiche che conferiscono al latte un sapore del tutto particolare. L'allevamento caprino, dopo un periodo di stasi, sta conoscendo oggi nuova fortuna, grazie soprattutto ai buoni guadagni garantiti dalla robiola dop e alle iniziative portate avanti a livello di Comunità Montana per aiutare i piccoli produttori a proseguire con determinazione sulla strada della qualità. E' stata ormai eradicata l'artrite encefalitica, una malattia che portava alla morte di parecchi capi all'anno e diminuiva drasticamente le rese di latte, e sono state intraprese azioni concrete per il salvataggio della razza autoctona della capra di Roccaverano, da decenni a rischio di completa estinzione.

 

COSA VEDERE

La Chiesa parrocchiale. Al termine dell'unica via centrale - tutta da vedere per le case ancora originarie e i particolari costruttivi in pietra arenaria, dai davanzali alle finestre, dai portali ai voltoni - si apre una piazzetta con la parrocchiale di San Nicolao, progettata da Giovanni Matteo Zucchi (1790). “I volumi esterni della parrocchiale si presentano tozzi, ma l’andamento è fluente e accompagna il calmo ritmo delle cappelle irraggiate a corona.

La pianta esagonale è estremamente armonica e le delicate concavità del vestibolo e del primo vano presbiteriale alludono a cappelle virtuali che chiudono il giro all’intorno facendo dello spazio dell’aula uno spazio centrale per eccellenza. 

Da questo si allontana prospetticamente la chiusura absidale, quasi eco della cappella suggerita dal primo vano del presbiterio. La chiara stesura delle superfici all’interno rivela l’influenza della vicina regione ligure” (Prola). 

La parrocchiale conserva una serie importante di tele barocche, che ne fanno un monumento di grande interesse nel territorio acquese. 

Ai Monevi, famiglia di pittori di primo piano del Seicento locale, che hanno lasciato numerose testimonianze di sé nel Duomo di Acqui e in varie chiese dei dintorni (da Melazzo, a Morsasco, a Strevi) vanno attribuite la Madonna con San Rocco e San Sebastiano, forse la Madonna con San Sebastiano e Sant’Ambrogio, nonché la Deposizione con San Carlo in cui il Santo appare genuflesso nell’atto di appressare alle labbra una mano esanime del Cristo.

 Da questi dipinti traspaiono suggestioni moncalvesche, sia pure filtrate attraverso una cultura ligure di base, di modi piuttosto convenzionali tanto negli schemi compositivi quanto nell’uso dei colori. 

Armonica e ben composta è pure la tela raffigurante la Madonna circondata dai Misteri, mentre di un realismo più accentuato è la Decollazione del Battista, che reca tracce di manierismo michelangiolesco nel rilievo dato alla possente muscolatura del boia e nei tratti della vecchia che accompagna Salomé, anche se, nella rigidità del panneggio e nella resa un po’ approssimativa del carcere è evidente la non eccelsa abilità dell’artista.

 

Informazioni tratte dal sito del Comune di Mombaldone







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